Viaggio nel tempo nel mondo della moda: il cappotto da donna e chi lo ha reso iconico
Alcuni vestiti non sono solo capi di abbigliamento, ma veri e propri status symbol, capaci di attraversare epoche e convenzioni restando ben saldi al loro posto, nell’armadio delle donne.
Il cappotto da donna è senza alcun dubbio uno di questi. Simbolo di eleganza, autorevolezza e affermazione personale, ha attraversato indenne epoche, culture e stili di vita mantenendo il suo fascino inalterato. Non un semplice indumento per ripararsi dal freddo, quindi, ma un manifesto di stile e, spesso, di emancipazione.
Le icone che hanno reso il cappotto immortale
Quando si pensa ad abiti iconici, il cappotto si associa inevitabilmente ai volti di donne che – nell’immaginario collettivo – lo hanno consegnato alla gloria. Audrey Hepburn, minuta ed eterea, con il suo charme discreto e la sua bellezza senza tempo, ha contribuito di sicuro a rendere questo capo un sinonimo di classe e sobrietà.
Altrettanto ha fatto Jackie Kennedy, che ne ha fatto un must have per donne raffinate e capaci di valorizzare con portamento impeccabile modelli strutturati e perfetti nei tagli sartoriali. Capi in grado di sottolineare la figura senza esagerazioni.
Ma è con il cinema noir degli anni ’40 e ’50, che si afferma il cappotto nero da donna. Complice silenzioso di protagoniste forti e complesse. Spesso lungo, essenziale, con spalle sostenute e collo importante, ha contribuito a delineare figure di donne misteriose e indipendenti, seducenti e carismatiche.
Da semplice capospalla invernale, il cappotto da donna è diventato così simbolo di carisma e indipendenza, un passe-partout che non può mancare in ogni guardaroba femminile completo.
Modelli iconici ed evoluzione naturale
L’evoluzione del cappotto da donna riflette i cambiamenti della società e del ruolo della donna. Negli anni ‘40 e ‘50, dominavano le linee pulite e strutturate, pensate per esaltare la femminilità senza eccessi, spesso stretto in vita, per evidenziare la silhouette a clessidra, tipica dell’estetica di quel periodo.
Negli anni ‘60, l’ingresso in scena del trench rubato alle divise militari ha portato una ventata di praticità nello stile metropolitano. È il soprabito delle intellettuali, della donna moderna e dinamica, di certo anticonformista.
Con gli anni ‘80 e ‘90 arriva una nuova rivoluzione delle proporzioni, con spalle oversize, tagli maschili, colori o neutri o molto intensi. Il cappotto si conferma manifesto estetico, una presenza che vuole contare, imporsi.
In questo periodo torna alla ribalta anche la redingote, che con le sue linee allungate, doppio o mono petto, apre a nuovi canoni di empowerment al femminile.
Relegata agli armadi di famiglia per molto tempo, è invece la cappa, che ha riconquistato la scena negli ultimi anni, complice anche un ritorno del gusto rétro. Aperta e avvolgente: è il modello che meglio esprime il desiderio di libertà e individualità. Perfetta per chi non vuole rinunciare al comfort ma anche per chi non ha paura di esporsi.
Il cappotto come dichiarazione di intenti
Abbandonato il ruolo riduttivo di tenere al caldo durante i freddi inverni, il cappotto da donna è diventato a tutti gli effetti un manifesto programmatico da indossare.
Potere, affermazione e indipendenza dalle tendenze effimere e passeggere, ogni dettaglio racconta un’epoca, un momento culturale, ogni nuance – dal beige intramontabile al sempre attuale nero– diventa una dichiarazione di intenti.
Lungo, corto, ampio o avvitato: ogni donna, in fondo, lo sa. Bastano pochi elementi per sentirsi sé stessa e uno di questi è, certamente, il cappotto giusto.