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Barbie, icona pop e riflessione femminista travestita da fashion movie

Non chiamatelo film: Barbie è un’esplosione rosa che ci ha travolte quando meno ce l’aspettavamo. Certo, forse lo abbiamo visto sul divano, con il plaid sulle gambe e la tisana detox in mano, convinte di ritrovarci in una fashion comedy tutta lustrini e risate. E invece no: abbiamo riso, sì, ma anche un po’ pianto. Sorpresa? Mica tanto. Perché dietro ogni tacco 12 si nasconde sempre un pensiero laterale. E dietro ogni borsa a cuore, a volte, una consapevolezza. Continuate la lettura se avete amato Barbie, o se l’avete odiata, ma diteci cosa ne pensate!

barbie il film icona inaspettata

Barbie, inaspettato e sorprendente come solo la moda sa essere

Mi ero seduta sul divano con una sola aspettativa: perdermi tra outfit spettacolari, scarpe impossibili e accessori da sogno. Invece, Barbie mi ha fregata. Con un guardaroba che meriterebbe un’esposizione permanente al MET e una narrazione che, tra una risata e un colpo di spazzola, mi ha fatto scendere anche una lacrima (sì, proprio quella, nascosta dietro l’eyeliner waterproof). Ma niente panico: non è un film da spiegare, è un’esperienza da indossare.

Perché Barbie non cambia abito: cambia mondo, scena dopo scena. E ogni outfit è più che styling. È manifesto.

Il fashion look di Barbie: manifesto in technicolor

Chiariamolo: Barbie è un film da vedere anche solo per gli outfit. Il guardaroba è una dichiarazione di stile, ma anche una dichiarazione d’intenti. La costume designer Jacqueline Durran (già Premio Oscar per Anna Karenina) firma una passerella di look ispirati agli archivi Mattel, strizzando l’occhio a Moschino, Chanel, Schiaparelli. Ogni mise racconta un pezzo di lei – di noi – con toni accesi, silhouette scolpite e accessori che gridano libertà, gioco, ironia. Dal completo cowgirl rosa shocking con ricami western (cult su Instagram) al tailleur bon ton anni Sessanta, è tutto un tripudio di citazioni e provocazioni.

E nel frattempo, ci ritroviamo a pensare: quante volte ci siamo vestite per piacere a qualcuno? E quante, invece, per sentirci semplicemente bene?

Barbie e Ken: giocattoli con un’anima (e una crisi esistenziale)

Sì, c’è il rosa, tantissimo rosa, ma c’è anche una narrazione brillante, una riflessione spiazzante sul patriarcato, sull’identità femminile, sulla libertà di essere e sulla paura di non sentirsi mai abbastanza. Barbie non è più solo un giocattolo, è un prisma attraverso cui osservare la società, le sue storture e i suoi sogni infranti. Margot Robbie incarna una Barbie iconica e vulnerabile, impeccabile e smarrita, mentre Ryan Gosling regala un Ken grottesco e irresistibilmente tragico nella sua ricerca di identità. Perfetti entrambi.

Non recitano, scolpiscono. Hanno preso due icone di plastica, due stereotipi ambulanti, e ci hanno infuso dentro tutto quello che siamo: le nostre fragilità, le nostre insicurezze, le nostre ossessioni identitarie. Robbie, con la sua bellezza disarmante e la capacità di passare dalla perfezione di una Barbie pubblicitaria a uno smarrimento tutto umano, ci regala una protagonista che non vuole più essere ideale. Vuole essere reale, ride e piange nello stesso sguardo, e nel farlo ci mostra il crollo – e la liberazione – di un simbolo che ha retto per decenni il peso dell’infallibilità femminile.

E poi c’è Gosling, che si diverte come un bambino con la camicia di jeans ma ci lascia addosso il retrogusto amaro dell’uomo che non sa più chi è senza uno sguardo che lo definisca. Il suo Ken è tragicomico, tenero, a tratti patetico, e proprio per questo, profondamente umano; (e ci piace eh! Eccome se ci piace quel Ken) è l’antieroe perfetto per una società che ha perso le istruzioni per montare la mascolinità. Fa ridere, certo, ma a guardar bene, fa anche un po’ male.

Insieme, questi due attori riescono nell’impossibile: prendere due personaggi piatti – letteralmente – e trasformarli in un trattato psicologico vivente. Perché sì, forse sono di plastica, ma sotto la superficie lucida c’è una crepa, ed è da lì che entra tutta la luce.

Barbie e il femminismo che si indossa

Non è una lezione. È un messaggio. Nascosto tra le pieghe di un abito a trapezio o dietro gli occhiali a farfalla. Barbie non urla il suo femminismo, lo indossa. Lo sfoggia con una naturalezza disarmante. Ci mostra cosa significa essere donna oggi: stare in equilibrio tra aspettative irreali, sogni veri e libertà che non devono più chiedere permesso.

Ken? C’è. Fa il suo. Ma il punto non è mai lui. È lei. È noi. È quell’energia che scivola da una slingback glitterata a una tuta fucsia da power woman.

Il twist emotivo che non ti aspetti (spoiler: ti riguarda)

E proprio quando pensi che forse è solo intrattenimento modaiolo, arriva quella scena. Quella frase. Quel momento che ti pizzica il cuore. È lì capisci: non stai solo guardando un film, ti stai riconoscendo. Perché dietro ogni abito iconico c’è una domanda che tutte, prima o poi, ci facciamo: quanto di quello che indossiamo è scelto da noi?

Perché parlava a te. A quella parte di te che ogni tanto dimentica quanto sia faticoso essere “perfetta” sempre. E quanto sia bello, a volte, semplicemente esserci. Un messaggio couture che non si vede, si sente: come un profumo buono che resta nell’aria quando tutto il resto è già andato via.

Il significato (modaiolo) di tutto questo

Alla fine, Barbie è un viaggio nel guardaroba e nell’anima. Un invito a ridere di noi stesse, a osare col rosa shocking, a riscrivere il nostro stile partendo da dentro. È moda che commuove. Cinema che seduce. E una sola grande verità: se ti scende una lacrima, assicurati almeno che il mascara sia waterproof. Firmato Dior, of course.

In definitiva, Barbie ci lascia qualcosa di inaspettato: il permesso di osare. Di essere ironiche, potenti, fragili e stilosissime. Di sognare armadi a tre piani e vite a colori, senza mai dover scegliere tra testa e tacco. E la prossima volta che indosseremo qualcosa solo per noi stesse, sapremo che quel momento, in fondo, è già rivoluzione.

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