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Il follow su instagram non è un giuramento di amore eterno

Instagram è uno dei miei social preferiti, se su facebook mi sento quasi costretta ad aggiungere persone che conosco dal vivo, qui mi sento libera di poter scegliere chi seguire indipendentemente dalla frequentazione vis-à-vis preferendo profili che hanno in comune con me passioni, gusti, modo di vivere o semplicemente con fotografie di mio gradimento.

Ho iniziato l’anno scegliendo di fare detox dalle persone che su di me avevano qualcosa di negativo preferendo invece persone positive o costruttive; se prima l’ho fatto fisicamente poi ho scelto di farlo anche online. Perché continuare a seguire profili che non mi piacciono più o che non aggiungono qualcosa alla mia vita? e soprattutto… perché seguire profili che creano in me nervosismo, malinconia, negatività?

Così ho preso la lista dei following e ho fatto un po’ di “pulizia contatti”: mi sento tanto una quarantenne su facebook con questa frase ma questo è esattamente ciò che ho fatto… ho controllato i profili che amo di più e quelli che avevo addirittura disattivato e ho iniziato a fare unfollow lasciando spazio a nuovi profili che ho poi trovato nei giorni seguenti.

Questo mi ha portato ad avere una bacheca totalmente di mio gusto, in linea con il mio mood attuale e non quello di quattro anni fa quando mi sono iscritta, mi ha permesso di avere sotto controllo i post di chi amo di più e non perderli e soprattutto di seguire con attenzione tutte le stories avendo meno profili e più tempo da dedicare a ciascuno.

La conseguenza di questo mio gesto mi ha lasciato piuttosto confusa: alcuni profili che non mi seguivano, tramite un’apposita applicazione hanno notato il mio “unfollow”, mi hanno contattato tempo record per segnalare quanto fosse “scorretto” il mio atteggiamento.

Da quando il follow è diventato un patto di sangue?

A cosa serve avere tanti follower se questi silenziano il profilo o smettono di interagire?

Finiscono i matrimoni perché mai non dovrei smettere di seguire qualcuno online?

Ho risposto alle accuse pubbliche e private che mi sono state fatte argomentando ma mi sono anche fermata a riflettere su quanto i social ci abbiano cambiato la vita. Se un locale cambiasse gestione e io smettessi di andare nessuno di loro mi scriverebbe per chiedere i motivi di questa cosa né tanto meno mi accuserebbero di scorrettezza se decidessi di andare in a cena da un loro concorrente.

A darmi molto fastidio è stata anche la scelta di interagire con me praticamente solo in quel momento: mi sono sentita solo un numero da esibire, ho capito che non importava nulla delle mie opinioni o del mio supporto quanto solo dei like e dei commenti che avrei potuto lasciare.

Non sono un numero, nessuno di noi lo è.

I social sono in grado di accorciare le distanze, creare legami, far conoscere persone lontane tra loro ma certe volte sono in grado di risucchiare in un vortice di manie di controllo per chi si fa prendere la mano nel modo sbagliato e non comprende che l’origine stessa dei social è <<socializzare>> non collezionare numeri.

 

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